L'idillio tra startup e sostenibilità: un amore dichiarato
"Noi siamo sostenibili." Mai frase è stata più abusata nei pitch deck e nelle bio su LinkedIn. Da qualche anno, è diventato quasi obbligatorio esibire almeno un valore green, uno statement etico o un hashtag #impact. Ma dietro le dichiarazioni d'amore alla sostenibilità, quante storie finiscono con un lieto fine?
Il problema non è dichiarare buone intenzioni, è mantenerle quando si inizia a crescere, quando la raccolta fondi diventa prioritaria, quando bisogna scalare. Perché la verità è che spesso impatto e crescita competono per lo stesso spazio nel business plan.
La sostenibilità è una strategia (non un accessorio)
Il rischio più grande per una startup è trattare la sostenibilità come una spilla da mettere al petto. Un orpello che fa bella figura ma che si può togliere quando si stringono i margini. Al contrario, le realtà che ce la fanno sono quelle che hanno integrato la sostenibilità nel core della loro proposta di valore.
Sostenibilità significa progettare pensando al ciclo di vita del prodotto, al consumo di risorse, all’effetto sistemico delle scelte tecnologiche e organizzative. Significa rifiutare il growth hacking senza etica. Significa anche saper dire no a investitori che vogliono solo moltiplicare x10 in 24 mesi.
Startup sostenibili: missione impossibile?
Spoiler: no. Ma serve metodo. E coraggio.
Le startup che riescono a crescere in modo sostenibile hanno alcune cose in comune:
- Un business model orientato al lungo periodo, non solo alla exit.
- Una leadership che ha visione e valori saldi (anche quando il conto in banca piange).
- Un design dei prodotti centrato sulle persone e sul pianeta.
- Un sistema di misurazione che include KPI non solo economici, ma anche ambientali e sociali.
Il paradosso dell'impact washing
C'è anche chi cavalca il trend per convenienza. Nascono così startup che mettono il suffisso "eco" a qualsiasi cosa, che piantano alberi per ogni clic o che compensano la CO2 mentre producono gadget inutili.
Questo "impact washing" fa male due volte: indebolisce la fiducia nei confronti delle realtà autentiche e banalizza il concetto di sostenibilità. Per questo serve trasparenza, e serve anche una buona dose di autoironia. Non è grave essere imperfetti. Ma è grave fingersi impeccabili.
Una cultura della crescita consapevole
La cultura della startup è per definizione orientata alla sperimentazione. E questo è un bene. Ma è ora di affiancare alla mentalità "fail fast" quella del "build to last". Perché crescere è utile. Ma crescere bene è meglio.
Il vero salto di qualità arriva quando una startup riesce a disegnare una traiettoria di crescita che non sacrifichi il suo impatto positivo. E qui entra in gioco la creatività, quella vera: non solo inventare soluzioni brillanti, ma anche costruire ecosistemi equi, durevoli e replicabili.
Conclusione
In un mondo in cui i pitch brillano di parole altisonanti, la vera rivoluzione è nei dettagli: in una logistica più efficiente, in una community più coesa, in una gestione più trasparente. La sostenibilità non è un traguardo. È una pratica quotidiana. E forse, se vissuta così, non è solo amore. Ma qualcosa che somiglia molto alla fedeltà.