Opificio Lamantini Anonimi
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20 ago 2025

Blockchain oltre il mito

Come separare promesse e realtà della blockchain nelle aziende

"“Se la blockchain è la risposta, qual era la domanda?” – Una riflessione che dovrebbero farsi tutte le aziende prima di investirci."

"## La blockchain non salverà il mondo (ma può aiutare il tuo magazzino)

Negli ultimi anni, ogni conversazione sull’innovazione sembrava inevitabilmente convergere su una parola: blockchain. Bastava nominarla in una riunione per guadagnarsi un’aura di visione futuristica, anche se si stava parlando della gestione dei toner per la stampante.

Eppure, la bolla del “blockchain salverà il mondo” ha iniziato a sgonfiarsi. Non perché la tecnologia non sia interessante o utile – lo è, eccome – ma perché è stata venduta come una panacea, quando in realtà è (solo) un buon bisturi: tagliente, ma da usare con criterio.

Allora proviamo a fare un passo indietro e guardarci dentro: cos’è davvero la blockchain? E, soprattutto, serve davvero alla tua azienda?

Tra criptovalute e catene di fiducia

La prima immagine mentale che spesso associamo alla blockchain è quella di Bitcoin & co. Ed è comprensibile: le criptovalute sono state la prima applicazione su larga scala della tecnologia. Ma ridurre la blockchain alle criptovalute è come pensare che Internet serva solo per mandare email.

La blockchain è, in sostanza, un registro distribuito, immutabile e trasparente. Una sorta di libro mastro condiviso tra più nodi della rete, in cui ogni modifica viene registrata in modo permanente e verificabile da tutti. Una catena di blocchi, appunto, ognuno contenente informazioni crittografate e collegate al precedente.

Un meccanismo perfetto, in teoria, per costruire fiducia in ambienti dove la fiducia scarseggia. Ma è proprio qui che iniziano i guai.

Fiducia vs complessità: chi vince davvero?

La promessa più affascinante della blockchain è quella di “disintermediare”: eliminare i passaggi superflui, tagliare costi, accelerare processi. Ma nella pratica, molte implementazioni aziendali si sono scontrate con la dura realtà: la blockchain non semplifica, anzi.

I sistemi blockchain richiedono infrastrutture complesse, competenze tecniche avanzate, tempi di sviluppo più lunghi, e un cambiamento culturale non banale. L'adozione non è plug-and-play: non basta premere un bottone per rendere “trasparente” un processo.

Quindi: ha senso usarla ovunque? No. Ma ci sono contesti in cui può fare davvero la differenza. Vediamoli.

Quando la blockchain è utile (e quando è solo una parola cool)

Supply chain e tracciabilità

Qui la blockchain mostra davvero i muscoli. Perché in una filiera produttiva complessa – pensiamo al settore agroalimentare, alla moda o all’elettronica – avere un registro immutabile dei passaggi e delle origini può ridurre frodi, aumentare la trasparenza e migliorare l’efficienza. IBM Food Trust ne è un esempio concreto, usato da giganti come Walmart per tracciare la provenienza dei prodotti alimentari.

Settore legale e notarile

La notarizzazione di documenti via blockchain è un altro caso d’uso maturo. Smart contract (contratti auto-esecutivi) permettono di automatizzare clausole e condizioni, riducendo tempi e costi.

Finanza decentralizzata (DeFi)

Non è un campo per tutti, ma in certi contesti – startup fintech, ambienti regolamentati ma con margini di manovra – la blockchain consente di creare nuovi modelli di intermediazione finanziaria, disegnando ecosistemi più flessibili e peer-to-peer.

Dove invece non serve

  • Se i dati possono essere modificati o devono rimanere privati
  • Se non c’è un vero bisogno di decentralizzazione
  • Se l’infrastruttura tecnologica dell’azienda è già fragile

Insomma, se la blockchain viene inserita solo per fare scena in una slide del pitch, c’è un problema. E non è della blockchain.

Mito vs realtà: il decalogo della blockchain aziendale

1. “È sicura di default.”
Falso: la sicurezza dipende anche da come è sviluppata e da chi gestisce le chiavi.

2. “È trasparente.”
Vero, ma attenzione: la trasparenza può anche essere un rischio se i dati sono sensibili.

3. “È economica.”
Decisamente no. I costi iniziali sono alti, anche se possono ammortizzarsi nel tempo.

4. “È sostenibile.”
Non sempre: alcune blockchain (tipo Bitcoin) consumano più energia di interi paesi. Ma ci sono alternative green, come quelle basate su Proof of Stake.

5. “È scalabile.”
Solo in parte. La scalabilità è uno dei talloni d’Achille, anche se nuove soluzioni (layer 2, sidechain) stanno cercando di risolvere il problema.

Ok, ma quindi: come si decide se adottarla?

Tre domande da farsi prima di parlare con un fornitore di soluzioni blockchain:

  1. C’è un reale problema di fiducia o trasparenza?
  2. I dati che gestisco devono essere verificabili da più parti in modo indipendente?
  3. Ho le risorse per formare il team o coinvolgere partner competenti?

Se la risposta è “no” anche solo a una di queste, forse non è il momento giusto. E va bene così.

E se fosse solo una metafora?

C’è anche un altro modo per parlare di blockchain: come simbolo. Una metafora di trasparenza, collaborazione, responsabilità condivisa. Più che un obiettivo tecnico, un approccio culturale.

Un’azienda che vuole davvero essere “blockchain-like” dovrebbe iniziare da qui:

  • Costruire processi documentati e condivisi
  • Favorire la collaborazione tra team decentralizzati
  • Mettere al centro la fiducia (non la burocrazia)

Anche senza smart contract.

La blockchain è morta? Viva la blockchain.

Come tutte le tecnologie che promettono rivoluzioni, anche la blockchain ha attraversato la sua curva dell’hype. E ora, forse, inizia la fase più interessante: quella della maturità.

Non è più il tempo delle promesse, ma delle domande giuste. Non “possiamo usarla?”, ma “ha senso usarla qui, ora, per questo scopo?”.

E se la risposta è no, non è una sconfitta. È solo buon senso."

Che sia un’idea, una curiosità, una sfida da affrontare, per noi non è mai “solo un contatto”.

È l’inizio di una conversazione, magari davanti a un caffè, reale o virtuale che sia.

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Promesso: niente automatismi, solo lamantini veri (con tastiera e cervello ben accesi).